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martedì 10 luglio 2012

7 luglio Turkmenistan

7 luglio
Turkmenistan
Alle 7 abbiamo consumato un’ottima colazione, preparata da Mansoura e sua sorella, poi è arrivato il momento dei saluti e dei ringraziamenti. Due dei fratelli ci hanno scortato fino alle porte della città, dove ci siamo accomiatati…con gli occhi lucidi. Alle 9,15 circa siamo giunti alla dogana iraniana e…ne siamo usciti dopo due ore circa trascorse a correre avanti e indietro e su e giù per diversi uffici per espletare le procedure burocratiche di uscita. Altre tre ore buone invece le abbiamo passate a quella turkmena, dove a correre avanti e indietro coi nostri passaporti è toccato a un giovane soldatino. Anche qui la burocrazia è estenuante e…senza senso. Abbiamo dovuto pagare tra visti e tasse varie circa 230 dollari! Il problema è stato incontrare la persona inviata dall’agenzia. Ci aveva raccomandato di non lasciare nel modo più assoluto la dogana da soli, pena una multa salatissima. E noi, non vedendolo, abbiamo atteso. Poi, chieste informazioni agli addetti doganali, abbiamo capito di doverlo aspettare fuori. Ma una volta usciti…dell’uomo non c’era traccia. Trascorsa un’altra mezz’ora, sotto il sole delle 14 ora locale, tra telefonate e richieste di informazioni, abbiamo capito che la fine della dogana era…30 chilometri più avanti! Difatti l’agente dell’agenzia era là ad aspettarci! Dopo di che in breve siamo entrati nella surreale capitale del Turkmenistan: Ashgabat. Che contrasto con il Paese appena lasciato! Qui tutto è nitido, bianco abbagliante e oro, ma…vuoto! Pochissime auto, nessun passante in giro, palazzi marmorei, giardini, fontane e, soprattutto ovunque le gigantografie del megalomane passato presidente Niyazov.
L’impressione più forte, varcando la frontiera, è stata quella di sentire come scivolar via la sensazione di disagio, di oppressione che mi ha accompagnato da quando avevo messo piede in Iran.






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