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sabato 4 agosto 2012

4 agosto Mijiangani-Olgii

4 agosto
Mijiangani-Olgii ( 92 km)
Piove, piove, piove, il cielo è plumbeo, il vento freddo, la temperatura è 4,5° Partiamo poco dopo le 8 sulla strada fangosa in terra battuta. Per i primi 40 km non abbiamo grossi problemi. Le buche piene d’acqua non sono profonde e non si affonda nel fango. Poi la strada s’interrompe e si deve proseguire su una pista fangosa. Devo scendere spesso dalla moto per alleggerirla e consentire a Knut di manovrare. Il punto critico arriva sulla salita che porta ad un passo sui 2400 m. m’incammino mentre Knut conduce la moto slittando paurosamente sul fango. Nevischia ora, il freddo mi penetra dentro, mi gela le dita dei piedi, ansimo come un mantice sulla salita che non finisce mai. Percorro 2/3 chilometri prima di raggiungere Knut che mi aspetta sulla cima. Dopo una lunga discesa ritoviamo la strada e, percorsa una quindicina di chilometri, arriviamo su una strada asfaltata. Giunti ad Olgii ci dirigiamo al Blue wolf, un campo di gher, e ne prendiamo due.







3/08 Onguday-Mongolia

3/08
Onguday-Mongolia (357 chilometri)

La mattinata si rischiara mentre percorriamo uno splendido tratto del Chuski Trakt, attraverso la valle del fiume           che in alcuni punti è turbinoso mentre in altri si allarga placido. Alte montagne innevate fanno capolino oltre quelle che fiancheggiano la valle. Ci fermiamo spesso per scattare fotografie ed ammirare il paesaggio. La strada è buona e consente di procedere velocemente. Sostiamo al paese di Aktosh per fare il pieno, riempiamo anche la tanica da 3 litri, e per acquistare viveri di prima necessità e per la gola ( cioccolato, biscotti, cognac). Siamo ormai su  un vasto, ventoso altipiano a quota 2000 e rotti metri e l’aria s’è rinfrescata. Lanciamo la moto per arrivare più velocemente possibile alla dogana, difatti in breve la raggiungiamo per scoprire che…è chiusa per pausa pranzo e riaprirà soltanto un’ora dopo! Non ci resta che attendere consumando uno spuntino a base di pane burro e formaggio! Alle 14, quando riapre, scopriamo di doverci recare in un ufficetto qualche centinaia di metri prima, dopodiché impiegheremo due ore in stupide procedure burocratiche ( dobbiamo ricompilare un modulo per la moto che all’ingresso in Kazakstan hanno sbagliato a compilare, ce lo fanno rifare tre volte perché non ammettono cancellature o lettere troppo marcate).Superati tre controlli passaporti ci dicono “Ok” e aprono il cancello. Ora restano da percorrere ancora alcuni chilometri fino alla dogana mongola, crediamo, quando ci troviamo davanti ad un’ennesima recinzione su cui sventola ancora la bandiera russa. Il soldato al nostro “ goodby” replica con: “ Passport, Motor document”Nooo! Ancora? Scendo dalla moto coi passaporti, Knut prende il libretto della BMW, me lo passa e grida “CADEE!!!” Con orrore vedo la moto inclinarsi a destra, cadere e Knut rotolare capriolando giù per il pendio. Per fortuna si rialza subito e corre alla moto. Cerchiamo di rialzarla mentre urliamo al soldato “ Help!” Pino e Doni corrono ad aiutarci mentre lo stronzo, serafico ci guarda e dice “ motor passport”. Gli gridiamo dove se lo può mettere il motor passport in italiano, norvegese e inglese…Alla fine gli passiamo i documenti e dopo una decina di minuti ce li andiamo a riprendere. Lo troviamo seduto a chiacchierare con un commilitone…Non ha neanche aperto il libretto della moto! Ripartiamo furibondi, oltretutto il tempo si sta guastando e abbiamo perso tre ore niente. La dogana mongola è per fortuna più veloce, ma quando usciamo dagli uffici sta diluviando e soffia un vento gelido. Che sfiga! Viste le condizioni del tempo e l’ora decidiamo di fermarci al villaggio Mjiangani, che sorge proprio alla frontiera che ci offre una camera per quattro per 500 rubli. Le moto vengono riparate in un garage a cui fa la guardia un aggressivo cagnaccio che cerca di azzannarci le gambe ogni volta che giungiamo a tiro. La cosa più fastidiosa è la toilette in fondo al cortile. La famiglia, nonna, madre, padre e una vispa bimbetta dorme in una grande yurta situata in mezzo al cortile. Per cena ci servono enormi porzioni di “buzzi” grossi ravioli al vapore con ripieno di carne di pecora.




 































2 agosto Barnaul-Onguday

2 agosto
Barnaul-Onguday (446 km.)
La mattina si presenta limpida, con un cielo azzurro che mette allegria. Partiamo presto perché domani vorremmo passare la frontiera con la Mongolia, visto che resta chiusa sabato e domenica.
La strada è in ottime condizioni, la moto corre veloce sul filo dei 100/110, sempre però rispettando i limiti di velocità. Presto i campi lasciano il posto ai boschi di pini e di betulle. Lungo la strada i contadini espongono su banchetti improvvisati vasetti di mirtilli e di lamponi, miele e dei mazzi di rametti di quercia e betulla…mah! Chissà a quale uso sono destinati! Dopo circa 150 chilometri siamo entrati nella regione della repubblica degli Altai e sono apparsi i primi monti coperti di foreste. Abbiamo pranzato con zuppa (bortsh) e patate fritte in un simpatico locale fatto di tronchi. All’uscita siamo stati circondati da un gruppo di giovani appartenenti a qualche corpo militare che  hanno voluto scattare alcune fotografie a noi e all’Adventure. Ripresa la strada dopo poco il cielo s’è rannuvolato e, qualche decina di chilometri più avanti, ha iniziato a piovere ( governo ladro!). Siamo riusciti ad indossare gli indumenti antipioggia appena in tempo perché in breve la pioggia s’è intensificata. Stanchi, umidi e infreddoliti, verso le 16 ci siamo fermati al paese di Onguday, dove abbiamo faticato a trovare una gastinitza (albergo) che ci desse una camera. Alla fine ne abbiamo trovata una che, per 1000 rubli ( 25 €) ci ha dato una stanza nella dependance. Ora abbiamo appena finito di cenare con risotto ai funghi porcini, cucinato sul fornellino in balcone, formaggio, pane nero e birra. Manca solo un bicchierino di vodka, votka come dicono i russi, per concludere la giornata. Il cielo si è rasserenato e una luce dorata carezza le montagne mentre il sole tramonta.