14 settembre
Il viaggio è giunto al termine. Berlino è l'ultima tappa di un sogno durato 90 giorni e 28000 km. divenuto realtà. Nel pomeriggio caricheremo la moto sul treno che ci condurrà a Trieste. Lunedì mattina si ricomincia il lavoro.
La stazione si trova a Wansee, vicino all'omonimo lago. Ciò ci consente di goderci un giro in moto attorno alle sue sponde, immersi nel verde. Ci accomodiamo ai tavolini all'aperto di un chiosco in riva al lago, ammirando le numerose imbarcazioni che solcano le acque, sorseggiando due birre. Più tardi, caricata la moto sul treno e assicuratici che sia ben legata, il treno raggiunge anche la velocità di 160 km l'ora, troviamo i nostri posti nell'ultimo vagone. I due anziani che dividono lo scompartimento con noi, dopo poco si trasferiscono nel vagon lit, lasciandoci lo scompartimento tutto per noi.
In treno abbiamo tutto il tempo che vogliamo per far riaffiorare i ricordi: volti, persone, luoghi, momenti significativi vissuti.
RIFLESSIONI
L'Iran è il Paese che ci ha sorpreso ed incantato maggiormente: le colline del Kurdistan, le meraviglie di Esfahan, Shiraz, Persepoli, i deserti, l'oasi di Garmeth... per non parlare delle persone come le ragazze di Esfahan che si sporgevano dai finestrini delle auto gridando " Welcome! Where are you from?" " I love you!" con sorrisi grandi come case e lanciandoci baci, i giovani di Quchan che ci hanno ospitato a casa loro e che hanno cucinato spaghetti al sugo in nostro onore...
E come non ricordare l'esperienza della notte trascorsa nel deserto turkmeno: il cratere infuocato di Darvaza, la donna che ci offrì il te, tornando poi tranquillamente a squartare la capra sul tappeto, vicino a noi, l'incredibile quantità di stelle nel cielo notturno...
L'Uzbekistan coi suoi contrasti: l'enorme Amu Darya, distese di cotone in fiore, canali che irrigano campi verdissimi e, pochi chilometri più in là, solo deserto, esteso per centinaia e centinaia di chilometri, senza fine... Ma anche le mura di fango e le torri che cingono l'antica Kiva, i suoi splendidi monumenti...e l'allucinante tratto della Via della Seta percorso per arrivare a Buqara. Il dispiacere di non averle potuto dedicare più di mezza giornata.
Il Tagjikistan, poverissimo Paese dalle strade impossibili e dai panorami sublimi è il Paese che ci è piaciuto maggiormente, dopo l'Iran. Col senno del poi pensiamo sarebbe stato bello percorrere la Pamir Highway tra Korog e il Kirgizstan, che da sola vale il viaggio, avendo a disposizione più tempo per esplorare le valli laterali. L'aria purissima e cristallina, le catene montuose dalle cime bianche, i laghi d'alta quota e il blu dei cieli sono immagini indelebili che riaffiorano con nostalgia, così come il ricordo del paio d'ore di piacevole relax nelle acque termali di Jelandy, a più di 3500 m. di quota, insieme alle tagjike che mi trascinavano ridendo sotto i getti d'acqua freddissima.
Il Kirghizstan avrebbe senz'altro meritato più tempo, che non avevamo, ci siamo perciò limitati ad attraversarlo, fermandoci spesso a fotografare le yurte, le greggi condotte da pastori a cavallo.
La Mongolia ha messo a dura prova moto, guidatore e passeggero con le sue piste di terra, sabbia, fango, i guadi attraverso ruscelli e corsi d'acqua impetuosi o profondi, il tempo imprevedibile, ma ci ha stupito con la ricchezza della sua fauna: cavalli selvaggi, falchi, aquile, marmotte, scoiattoli di terra, cammelli...La bellezza e vastità dei suoi panorami, fatti di montagne, colline, deserti, distese di erba e fiori a perdita d'occhio! Rievochiamo i momenti difficili passati quando la moto si è rotta, la brutta avventura con l'autista disonesto e i suoi parenti, ma anche la gentilezza e l'ospitalità di chi ci ha accolto nella sua tenda, offrendoci riparo per la notte e cibo, il comportamento violento e inadeguato della compagna di viaggio che mi ha brutalmente spintonata mentre parlavo a due ragazzi inglesi del Mongol rally e che hanno segnato la fine del viaggiare insieme. Le giornate trascorse alla Guest House di Ulan Bataar conversando con gli altri ospiti e le amicizie nate con alcuni di loro, il traffico impossibile della città e le sue strade costellate di crateri...La gioia del giorno in cui è arrivato l'ammortizzatore nuovo e l'esultanza all'idea di poter finalmente ripartire. E che dire dei 6000 chilometri circa percorsi dal confine mongolo a Mosca...L'immensa Siberia! Non ci si rende conto di quanto sia estesa finchè non la si attraversa in moto. Non ci si rende conto di quanto sia "dura" finchè non si fanno i conti con le sue strade dissestate, percorse da un incessante traffico di mezzi pesanti, viaggiando dalla mattina alla sera con la pioggia, il freddo, con l'umidità che ti penetra nelle ossa, godendo delle belle giornate, quando il sole filtra tra i rami delle betulle e si alzano vapori dai boschi, apprezzando una scodella di bortsh caldo, una tazza di chay bollente...e i blini alla smetana!!
Il ricordo più bello è l'arrivo al villaggio di Staro Kalmascevo, dalla famiglia di Fayruza, il calore della loro accoglienza, il sentirsi circondati dall'affetto di persone a noi sconosciute, ma che ci hanno trattato come fossimo figli. L'emozione di essere considerata come un'ospite d'onore durante la Festa dell'accoglienza il primo giorno di scuola e di aver tenuto un improvvisato discorso davanti ad una folla di bambini, ragazzi, genitori, davanti alla Dirigente e a tutto il corpo insegnante. Mi sono emozionata nel momento in cui mi hanno donato un mazzo di fiori.
90 giorni per percorrere 28000 km. sono stati sufficienti, ma non abbastanza per superare i contrattempi di ogni genere che ci sono capitati e avere comunque tempo per vedere tutto quello che ci eravamo prefissati di vedere/visitare. Col senno del poi avremmo dovuto avere almeno due/tre settimane in più.
Il rammarico più grande è quello di aver intrapreso il viaggio della nostra vita con persone inadeguate, incompatibili con noi per carattere, cultura e intenzioni. I compagni di viaggio devono essere scelti con attenzione per non rischiare di vedersi rovinato un sogno...
Il viaggio è giunto al termine. Berlino è l'ultima tappa di un sogno durato 90 giorni e 28000 km. divenuto realtà. Nel pomeriggio caricheremo la moto sul treno che ci condurrà a Trieste. Lunedì mattina si ricomincia il lavoro.
La stazione si trova a Wansee, vicino all'omonimo lago. Ciò ci consente di goderci un giro in moto attorno alle sue sponde, immersi nel verde. Ci accomodiamo ai tavolini all'aperto di un chiosco in riva al lago, ammirando le numerose imbarcazioni che solcano le acque, sorseggiando due birre. Più tardi, caricata la moto sul treno e assicuratici che sia ben legata, il treno raggiunge anche la velocità di 160 km l'ora, troviamo i nostri posti nell'ultimo vagone. I due anziani che dividono lo scompartimento con noi, dopo poco si trasferiscono nel vagon lit, lasciandoci lo scompartimento tutto per noi.
In treno abbiamo tutto il tempo che vogliamo per far riaffiorare i ricordi: volti, persone, luoghi, momenti significativi vissuti.
RIFLESSIONI
L'Iran è il Paese che ci ha sorpreso ed incantato maggiormente: le colline del Kurdistan, le meraviglie di Esfahan, Shiraz, Persepoli, i deserti, l'oasi di Garmeth... per non parlare delle persone come le ragazze di Esfahan che si sporgevano dai finestrini delle auto gridando " Welcome! Where are you from?" " I love you!" con sorrisi grandi come case e lanciandoci baci, i giovani di Quchan che ci hanno ospitato a casa loro e che hanno cucinato spaghetti al sugo in nostro onore...
E come non ricordare l'esperienza della notte trascorsa nel deserto turkmeno: il cratere infuocato di Darvaza, la donna che ci offrì il te, tornando poi tranquillamente a squartare la capra sul tappeto, vicino a noi, l'incredibile quantità di stelle nel cielo notturno...
L'Uzbekistan coi suoi contrasti: l'enorme Amu Darya, distese di cotone in fiore, canali che irrigano campi verdissimi e, pochi chilometri più in là, solo deserto, esteso per centinaia e centinaia di chilometri, senza fine... Ma anche le mura di fango e le torri che cingono l'antica Kiva, i suoi splendidi monumenti...e l'allucinante tratto della Via della Seta percorso per arrivare a Buqara. Il dispiacere di non averle potuto dedicare più di mezza giornata.
Il Tagjikistan, poverissimo Paese dalle strade impossibili e dai panorami sublimi è il Paese che ci è piaciuto maggiormente, dopo l'Iran. Col senno del poi pensiamo sarebbe stato bello percorrere la Pamir Highway tra Korog e il Kirgizstan, che da sola vale il viaggio, avendo a disposizione più tempo per esplorare le valli laterali. L'aria purissima e cristallina, le catene montuose dalle cime bianche, i laghi d'alta quota e il blu dei cieli sono immagini indelebili che riaffiorano con nostalgia, così come il ricordo del paio d'ore di piacevole relax nelle acque termali di Jelandy, a più di 3500 m. di quota, insieme alle tagjike che mi trascinavano ridendo sotto i getti d'acqua freddissima.
Il Kirghizstan avrebbe senz'altro meritato più tempo, che non avevamo, ci siamo perciò limitati ad attraversarlo, fermandoci spesso a fotografare le yurte, le greggi condotte da pastori a cavallo.
La Mongolia ha messo a dura prova moto, guidatore e passeggero con le sue piste di terra, sabbia, fango, i guadi attraverso ruscelli e corsi d'acqua impetuosi o profondi, il tempo imprevedibile, ma ci ha stupito con la ricchezza della sua fauna: cavalli selvaggi, falchi, aquile, marmotte, scoiattoli di terra, cammelli...La bellezza e vastità dei suoi panorami, fatti di montagne, colline, deserti, distese di erba e fiori a perdita d'occhio! Rievochiamo i momenti difficili passati quando la moto si è rotta, la brutta avventura con l'autista disonesto e i suoi parenti, ma anche la gentilezza e l'ospitalità di chi ci ha accolto nella sua tenda, offrendoci riparo per la notte e cibo, il comportamento violento e inadeguato della compagna di viaggio che mi ha brutalmente spintonata mentre parlavo a due ragazzi inglesi del Mongol rally e che hanno segnato la fine del viaggiare insieme. Le giornate trascorse alla Guest House di Ulan Bataar conversando con gli altri ospiti e le amicizie nate con alcuni di loro, il traffico impossibile della città e le sue strade costellate di crateri...La gioia del giorno in cui è arrivato l'ammortizzatore nuovo e l'esultanza all'idea di poter finalmente ripartire. E che dire dei 6000 chilometri circa percorsi dal confine mongolo a Mosca...L'immensa Siberia! Non ci si rende conto di quanto sia estesa finchè non la si attraversa in moto. Non ci si rende conto di quanto sia "dura" finchè non si fanno i conti con le sue strade dissestate, percorse da un incessante traffico di mezzi pesanti, viaggiando dalla mattina alla sera con la pioggia, il freddo, con l'umidità che ti penetra nelle ossa, godendo delle belle giornate, quando il sole filtra tra i rami delle betulle e si alzano vapori dai boschi, apprezzando una scodella di bortsh caldo, una tazza di chay bollente...e i blini alla smetana!!
Il ricordo più bello è l'arrivo al villaggio di Staro Kalmascevo, dalla famiglia di Fayruza, il calore della loro accoglienza, il sentirsi circondati dall'affetto di persone a noi sconosciute, ma che ci hanno trattato come fossimo figli. L'emozione di essere considerata come un'ospite d'onore durante la Festa dell'accoglienza il primo giorno di scuola e di aver tenuto un improvvisato discorso davanti ad una folla di bambini, ragazzi, genitori, davanti alla Dirigente e a tutto il corpo insegnante. Mi sono emozionata nel momento in cui mi hanno donato un mazzo di fiori.
90 giorni per percorrere 28000 km. sono stati sufficienti, ma non abbastanza per superare i contrattempi di ogni genere che ci sono capitati e avere comunque tempo per vedere tutto quello che ci eravamo prefissati di vedere/visitare. Col senno del poi avremmo dovuto avere almeno due/tre settimane in più.
Il rammarico più grande è quello di aver intrapreso il viaggio della nostra vita con persone inadeguate, incompatibili con noi per carattere, cultura e intenzioni. I compagni di viaggio devono essere scelti con attenzione per non rischiare di vedersi rovinato un sogno...