5 agosto
Olgii-Kovd (234
km ca.)
Sole, sole, sole! Lasciamo Olgii con tempo splendido, il
cielo è di un blu intenso, l’aria cristallina. Appena fuori dalla città ci
fermiamo ad un tempietto buddista, circondato da quattro statue in pietra.
Sul davanti svettano due pennoni ornati da drappi azzurri.
Ripartiamo cercando di indovinare quale sia la pista giusta da seguire, dato
che ve ne sono diverse parallele, ma abbiamo il Garmin con le mappe del Paese
importate da open source e ci fidiamo della rotta che indica. Il paesaggio è
magnifico: montagne verdissime dietro le quali spuntano cime innevate. La
giornata si dipana attraverso scenari montani sempre diversi e splendidi. Unico
neo i fiumi che dobbiamo guadare, ma che Knut riesce a superare brillantemente,
anche con la moto carica come un mulo. In quei casi scendo dall’Adventure e lo
aiuto a valutare la profondità dell’acqua. A fine giornata stivali e calze sono
bagnati; quelli di Knut fradici perché, attraversando un guado profondo, ha
provocato un’onda che, superato il parabrezza, l’ha lavato in pieno.
Incontriamo a più riprese due team del Mongol Rally trovandoci ad affrontare
insieme alcuni guadi. Giunti in prossimità di un ponte troviamo un vispo
ragazzino che funge da vigile. Indica alle auto del rally di seguire la pista a
destra che attraversa un fiumiciattolo e risale su di un’alta sponda fangosa. A
noi quella a sinistra, che passa sul ponte semi crollato, ma con spazio
sufficiente a far transitare una moto. Il bambino chiede di scattargli una foto
e si mette in posa. Lo accontentiamo e gli mostriamo poi il risultato. Sorride
e ci chiede una penna. Gli regalo la mia ed un pacchetto ci chewin-gum.
Proseguiamo cercando di riguadagnare il tempo perduto, ma i fiumi da
attraversare non finiscono mai così come i tratti insidiosi, con fango e/o
terreno sabbioso. Superato un passo incontriamo un pastore nomade, la cui yurta
è poco lontana, fermo sul ciglio della strada con un’aquila sul polso,
un’esemplare bellissimo. Dopo aver scattato un paio di fotografie non resisto e
chiedo di poterne prendere una con l’aquila sul mio polso. Quanto pesa! Ad un
tratto apre le ali e faccio appena in tempo a scostare la testa perché non mi
arrivi l’ala in un occhio. Ovviamente paghiamo per questo, ma è giusto così.
Pochi metri dopo un guado profondo che tutti, noi e i ragazzi del rally,
superiamo brillantemente. Facciamo una breve sosta verso le 17 per
mangiare biscotti e cioccolato, visto che abbiamo saltato il pranzo. Proprio in
questo punto scorgiamo tra grossi massi una pietra con ideogrammi ed un bastone
con appesa una striscia di stoffa azzurra. Poco discosto biancheggia lo
scheletro di un animale, forse uno yak. Kovd è ancora lontana, cerchiamo di
forzare, per quanto possibile, l’andatura, quand’ecco giungiamo ad un laghetto
davanti a cui sono fermi quelli del rally. Perdiamo più di mezz’ora per
attraversare in un punto poco profondo, ma con fondo morbido e far risalire le
moto sulla terraferma fangosa. Siamo stanchi e ci auguriamo che i guadi siano
finiti, ma…non sarà così. Quando il sole è ormai tramontato mancano ancora 30 chilometri di
pista a tratti sabbiosa a tratti fangosa per giungere alla meta. Decidiamo di
non rischiare a proseguire con l’oscurità e di trascorrere la notte in tenda.
Per cena cuciniamo una “ mexican gryte” che divoriamo con gusto, annaffiandola
con la vodka comprata in Russia. Prima di ritirarci per la notte restiamo ad
ammirare il cielo stellato, mentre un’enorme luna sorge da dietro la collina:
che spettacolo!
Quando scrissi il report omisi di accennare al serio alterco con i nostri compagni di viaggio, l'ultimo di una lunga serie, che rese impossibile proseguire il viaggio insieme. Ora però, dopo avere saputo da altri delle bugie scritte da loro sul nostro conto,non voglio più tacere. La nostra compagna di viaggio, che in diverse occasioni aveva mostrato un comportamento poco civile e mancanza di autocontrollo, al culmine della sopra descritta difficile giornata mi ha aggredito fisicamente. La "signora" era irritata dal fatto di non riuscire a porre alcune domande su quale pista prendere, poichè la strada indicata era crollato il ponte sul fiume, ad un team del Mongol Rally che stava rispondendo a me e Knut. Non essendo capace di attendere la fine della conversazione, ha ben pensato di "usare le mani"spingendomi brutalmente via dal finestrino dell'auto e facendomi perdwre l'equilibrio. Dopodichè ha chiesto agli attoniti ragazzi quello che voleva e s'è allontanata, tornando dal marito che, come di consueto, era rimasto comodamente seduto sulla moto ad aspettare. Dopo questo grave episodio Knut ed io siamo saliti in moto e partiti dicendo loro che saremmo andati al guado del fiume e ci saremmo accampati lì, con il gruppo degli inglesi conosciuti precedentemente. Così abbiamo fatto, mentre loro hanno deciso d'imboccare un'altra strada, forse per la vergogna! Ciò non ci è affatto dispiaciuto, anzi è stato come liberarsi di un fastidioso sassolino nella scarpa.
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