22 luglio
Murgab-Kara Kul (132 km )
E’ l’alba, mi sveglio per andare alla toilette. Esco dalla
casetta e mi godo lo spettacolo del sole che indora le cime dei monti. Prendo
la macchina fotografica e scatto una foto, con la yurta in primo piano.
Partiamo subito dopo colazione, alle 8.
La giornata è luminosa, l’aria cristallina e fresca. La
strada si snoda tra i monti, costeggiando il fiume Akbaital. Il panorama è
splendido: alla nostra sinistra si elevano cime di oltre 5500 metri ,
bianchissime, talune incappucciate dalle nubi, mentre a destra monti scabri,
color ruggine, spiccano contro il cobalto del cielo. La strada conduce al passo
Akbaital, a quota 4655
metri , dove ci
fermiamo. Scesi dalla moto immortaliamo il momento, scattando parecchie foto.
Peccato che le cime siano parzialmente coperte dalle nuvole! Proseguiamo
sobbalzando sulla sterrata che scende dal passo. Costeggiamo per parecchi chilometri la frontiera cinese. in alcuni punti corre vicinissima alla strada, solo pochi metri ci separano dalla Cina! Arrivati alla piana del lago
Karakul, 3900/4000 metri di quota, lo scenario che si presenta ai nostri occhi
ci lascia senza fiato: le acque del lago scintillano, più azzurre che mai,
sullo sfondo di una catena di alte montagne, le cui vette candide brillano al
sole. A destra s’innalzano altri picchi, coperti di neve. Non abbiamo mai visto
niente di più spettacolare! Decidiamo di fermarci in questo villaggio. Troviamo
da dormire alla homestay di Tildahan ed Erkin, molto pulita ed accogliente (19
dollari a testa, più altri 10 per tre pasti). Parcheggiamo la moto nel
cortiletto e scegliamo la stanza in cui dormire. La famiglia è molto povera; nelle
stanze il mobilio è pressoché inesistente,
ma si nota il tocco femminile: vasi di fiori alle finestre, leggere tende
ricamate, un piccolo mobile dipinto di azzurro con fiori rosa applicati a
decoupage funge da lavandino esterno. La famiglia è molto povera, come tutti in
questo villaggio. Non c’è acqua corrente, Tildahan e la figlia maggiore fanno
il bucato, in grandi catini di ferro, accovacciate in angolo del cortiletto.
Una bimbetta di un paio d’anni scorazza avanti e indietro, osservandoci da
lontano. Ci sono altri due bambini, un ragazzino di una decina d’anni e una
bambina di poco più grande. Lui trasporta i bidoni d’acqua con una carriola,
lei spazza le stanze o accudisce alla sorellina. Mentre pranziamo con uova al
tegamino e salame abbrustolito, sopraggiunge il motociclista danese incontrato
precedentemente. Grandi saluti ed anche lui si accomoda sugli strapuntini
accanto a noi e mangia di gusto. La nostra ospite ci serve anche alcuni
dolcetti e un’ottima marmellata casalinga di lamponi. Le ore scorrono pigre, ci
sentiamo a nostro agio in questo piccolo cortile, al sole, osservando la vita
della famigliola. La doccia si rivela un’interessante esperienza. Si entra in
una casupola dove, da una stanzina che funge da spogliatoio, si entra in una
seconda, caldissima, contenente un grosso serbatoio con acqua bollente. Tildahan
mi porta un grande secchio con acqua gelida, un bricco ed un secondo secchio
con cui attingere l’acqua calda. Mi lavo così, immersa nel vapore odoroso di
legno, a 3990 metri
di quota…sentendomi felice.
La cena è molto semplice, una specie di pastasciutta con
patate e carote, yogurt e i lamponi. Dopo cena ci ritiriamo nella casetta per
gli ospiti a conversare con Morten, il motociclista danese, fino a che la luce,
prodotta da un piccolo generatore, non si spegne all’improvviso. Troviamo le
torce e, rapidamente, ci prepariamo per la notte. Stendiamo
i nostri sacchi a pelo sui piumini che Tildahan ha sistemato, in doppio strato,
sul tappeto. Alle 3,30 ci svegliamo per andare alla toilette. Dobbiamo vestirci
completamente, infilare giacca e stivali ed uscire nella notte fredda. Il fiato
esce dalla bocca come vapore, alzo gli occhi al cielo e…Dio quante stelle!
Distinguo chiaramente il Carro dell’orsa maggiore, la via Lattea e una
quantità incredibile di stelle luminose. Restiamo alcuni minuti, rapiti, in
silenzio, ad ammirare il cielo, poi torniamo ai nostri caldi sacchi a pelo.
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