8 luglio Ashgabat

Torniamo in hotel all’una, cotti per il caldo torrido ( 46°)
pranziamo, ci rinfreschiamo e, alle 15,30 siamo pronti per partire alla volta
del deserto, dove pianteremo le tende vicino al cratere infuocato di Darvaza.
Naturalmente si presenta solo il solito autista, senza la guida prevista.
Accettiamo comunque perché è una brava persona e non ha colpa se il suo capo è
uno s…zo. Decido di viaggiare in auto dato che non mi sento molto bene e la
temperatura ha raggiunto i 47°!! Appena lasciamo Ashgabat la strada diventa
pessima, buche, dossi e cunette creati dal passaggio dei mezzi pesanti. Non si
può viaggiare a più di 80/90 km. l’ora per non rischiare di rovinare la moto o
di cadere. Questo deserto è impressionante! Si estende per centinaia di
chilometri, coprendo il 90% del territorio del Turkmenistan. Dopo quattro ore e
mezza, alle 20, giungiamo a Darvaza. Sostiamo per la cena in una modestissima
chayhana. Il sole sta per tramontare, non vorremmo dover piantare le tende col
buio, perciò chiediamo al nostro autista, col quale Doni ed io abbiamo
conversato per tutto il tragitto se è possibile dormire lì. Lui dice che non è
un buon posto, chiasso di notte, ubriachi, comunque parla col padrone. Costui
ha il coraggio di chiederci 60 dollari per dormire per terra, su sporche
coperte, dentro una specie di bollente recinto chiuso da un tettoia.
Rifiutiamo. Allora il nostro uomo ci propone due alternative: o lasciare le
moto vicino alla strada, caricar tende e sacchi a pelo sull’auto ed accamparci
nei pressi del cratere o piantare le tende vicino alla yurta di un suo amico,
poco distante. Optiamo per la seconda soluzione. L’amico, un anziano turkmeno
vive , con la moglie e i due figli, in una yurta di canne e paglia. Sarà una
serata, ed una nottata davvero particolare. Al nostro arrivo l’uomo è seduto
sui tappeti stesi sulla sabbia. La moglie, seduta accanto a lui è intenta a
scuoiare e tagliare a pezzi una capra in un grosso catino. La capanna è
illuminata da un braciere su cui è posta una nera teiera. L’autista si siede
accanto all’uomo, Knut ed io di fronte. Ci viene offerto del te. Sono scomoda e
un po’ preoccupata, ma presto un senso di pace mi avvolge. la notte è scesa, nel cielo brillano milioni
di stelle, il braciere scoppietta, i due uomini parlano lentamente, con voci
pacate, la donna completa il suo lavoro silenziosa. Questo è il ricordo che
porto con me, più che la successiva escursione al cratere, anche se questo
costituisce una visione terrificante di fuochi che ardono nell’enorme caldara
artificiale.
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