8 luglio Ashgabat
Oggi il programma stabilito con l’agenzia prevedeva una
visita della città con la guida che ci avrebbe poi accompagnati nel viaggio
attraverso il deserto. Alle 9 si presenta l’autista che ci aveva atteso alla
dogana. Ci comunica che c’è stato un problema e il city tour è saltato. Alle
nostre rimostranze comincia a telefonare al suo capo e, grazie all’aiuto della
ragazza alla reception capiamo che
quest’agenzia procurataci dalla Intelservizi è poco seria. Knut discute a lungo
con il misterioso sig. Aziz. Abbiamo pagato una parcella di 253 dollari a
coppia, compreso l’hotel ( 80) il city tour e l’accompagnamento al cratere di
Darvaza, in pieno deserto, e questo vogliamo! Il povero autista non sa più che
cosa dire. Poi quando parliamo di chiamare la polizia qualcosa inizia a
sbloccarsi. Finisce che l’autista ci accompagna al bazar e dopo ci raggiunge un
suo amico, Alan, con il quale lavora per un’altra agenzia. Alan parla un ottimo
inglese, è simpatico e competente, ci dà spiegazioni dettagliate sui palazzi e
monumenti che vediamo. Ci fa notare le forme di alcuni edifici governativi,
spiegandoci il significato simbolico che vi si cela. Ad esempio il palazzo di
14 piani che sembra un accendino è la sede del Ministero del gas, mentre quello
la cui facciata riporta cinque disegni astratti è il Ministero dei tappeti. Per
non parlare della facciata a forma di cobra su un altro palazzo: il ministero
della prevenzione delle malattie .Parla con trasporto spiegandoci quanto sia giusta
la società turkmena…a noi sembra sia stato indottrinato per bene! Questa città
così spettralmente bianca, con le alte statue d’oro del defunto presidente
Niazov, con gli enormi vialoni e così vuota, dato che si vedono circolare
pochissime auto e ancora meno persone, fa l’effetto di essere piombati in un
set cinematografico.
Torniamo in hotel all’una, cotti per il caldo torrido ( 46°)
pranziamo, ci rinfreschiamo e, alle 15,30 siamo pronti per partire alla volta
del deserto, dove pianteremo le tende vicino al cratere infuocato di Darvaza.
Naturalmente si presenta solo il solito autista, senza la guida prevista.
Accettiamo comunque perché è una brava persona e non ha colpa se il suo capo è
uno s…zo. Decido di viaggiare in auto dato che non mi sento molto bene e la
temperatura ha raggiunto i 47°!! Appena lasciamo Ashgabat la strada diventa
pessima, buche, dossi e cunette creati dal passaggio dei mezzi pesanti. Non si
può viaggiare a più di 80/90 km. l’ora per non rischiare di rovinare la moto o
di cadere. Questo deserto è impressionante! Si estende per centinaia di
chilometri, coprendo il 90% del territorio del Turkmenistan. Dopo quattro ore e
mezza, alle 20, giungiamo a Darvaza. Sostiamo per la cena in una modestissima
chayhana. Il sole sta per tramontare, non vorremmo dover piantare le tende col
buio, perciò chiediamo al nostro autista, col quale Doni ed io abbiamo
conversato per tutto il tragitto se è possibile dormire lì. Lui dice che non è
un buon posto, chiasso di notte, ubriachi, comunque parla col padrone. Costui
ha il coraggio di chiederci 60 dollari per dormire per terra, su sporche
coperte, dentro una specie di bollente recinto chiuso da un tettoia.
Rifiutiamo. Allora il nostro uomo ci propone due alternative: o lasciare le
moto vicino alla strada, caricar tende e sacchi a pelo sull’auto ed accamparci
nei pressi del cratere o piantare le tende vicino alla yurta di un suo amico,
poco distante. Optiamo per la seconda soluzione. L’amico, un anziano turkmeno
vive , con la moglie e i due figli, in una yurta di canne e paglia. Sarà una
serata, ed una nottata davvero particolare. Al nostro arrivo l’uomo è seduto
sui tappeti stesi sulla sabbia. La moglie, seduta accanto a lui è intenta a
scuoiare e tagliare a pezzi una capra in un grosso catino. La capanna è
illuminata da un braciere su cui è posta una nera teiera. L’autista si siede
accanto all’uomo, Knut ed io di fronte. Ci viene offerto del te. Sono scomoda e
un po’ preoccupata, ma presto un senso di pace mi avvolge. la notte è scesa, nel cielo brillano milioni
di stelle, il braciere scoppietta, i due uomini parlano lentamente, con voci
pacate, la donna completa il suo lavoro silenziosa. Questo è il ricordo che
porto con me, più che la successiva escursione al cratere, anche se questo
costituisce una visione terrificante di fuochi che ardono nell’enorme caldara
artificiale.
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